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Consiglio di Stato, Sez. II, 18 marzo 2020, n. 1929: Il Collegio richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale, per cui grava sul richiedente l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell’immobile abusivo, in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2019, n. 2115; Sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696; id., 5 marzo 2018, n. 1391). Inoltre, le dichiarazioni sostitutive di notorietà non sono considerate con effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l’attività istruttoria dell’Amministrazione – ovvero, le deduzioni con cui la stessa Amministrazione rileva l’inattendibilità di quanto rappresentato dal richiedente. Pertanto, anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data fissata dalla legge, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696)
Consiglio di Stato, Sez. II, 10 marzo 2020, n. 1727: Basti qui richiamare il pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui grava sul richiedente l’onere di fornire la prova sulle condizioni e sulla consistenza dell’abuso, spettando invece all’amministrazione il compito di controllare i dati forniti che, se non assistiti da attendibile consistenza, implicano la reiezione della relativa istanza. È stato precisato che nel caso di procedimento di condono edilizio, infatti, non è onere dell’amministrazione comprovare le circostanze richieste dalla legge per il condono, spettando all’interessato la rigorosa prova delle stesse. Ciò in quanto è il richiedente che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell’adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, n. 5537/2019). Nel caso di specie, spettava quindi al ricorrente dimostrare l’epoca di realizzazione dei manufatti abusivi, né a tale regola si può in alcun modo fare eccezione allorché si tratti di dimostrare l’esistenza del manufatto anche in epoca estremamente risalente.