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ANAC, Delibera 17 marzo (dep. 1 aprile) 2020, Prec. PB 31/2020/S: Va certamente ribadito quanto già segnalato dall’Autorità nella delibera n. 780 del 4 settembre 2019, nella quale è stata rilevata l’illegittimità di clausole come quella in esame, per contrasto con il Codice e con l’art. 23 Cost. rilevando che “il parametro di misurazione del contributo imposto all’aggiudicatario, tarato in quota percentuale sull’importo di aggiudicazione dell’appalto, appare oggettivamente irrazionale e incongruo, in quanto tale criterio di commisurazione sfugge alla logica, ammessa ex lege ad es. per il rimborso delle spese di pubblicazione di un bando, di consentire alla stazione appaltante (…) di recuperare i costi sostenuti per l’utilizzo della piattaforma telematica, snaturando così il fine di mero “rimborso” e venendo meno il rapporto di corrispettività”.Tale principio è stato più volte evidenziato dall’Autorità (cfr. Atto di segnalazione dell’Autorità n. 3 del 25.02.2015; Delibera n. 1123 del 28.11.2018; Delibera n. 926 del 16 ottobre 2019; Delibere nn. 21 e 22 del 15 gennaio 2020; Delibera n. 179 del 26.02.2020), dichiarando illegittime le clausole inserite nei bandi e/o nei disciplinari di gara che impongono a carico del futuro aggiudicatario il pagamento di oneri connessi alla gestione delle piattaforme telematiche, in quanto tale richiesta, non solo non è supportata da alcuna puntuale base normativa, ma si pone in contrasto con la normativa vigente. In tal senso, devono richiamarsi l’art. 73, comma 4, del Codice e l’art. 5 del DM MIT del 2.12.2016 che limitano gli importi rimborsabili da parte dell’aggiudicatario alle spese di pubblicazione del bando di gara e l’art. 41, comma 2-bis, del Codice (introdotto dall’art. 28 del d.lgs. n. 56/2017) – applicabile ratione temporis alla procedura in oggetto – che espressamente vieta di “porre a carico dei concorrenti, nonché aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all’art. 58” (cioè delle piattaforme telematiche).
(..) A fronte della riscontrata illegittimità delle clausole esaminate – qualificabile non solo come vizio di annullabilità sub specie di violazione di legge, per contrasto con l’art. 23 Cost. e con l’art. 41, comma 2-bis del Codice, ma anche come vizio di nullità per contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione – la stazione appaltante, senza annullare tout court gli atti di gara e l’intera procedura, può valutare di avviare un procedimento di autotutela rivolto a dichiarare (rectius a prendere atto della) la nullità parziale della determina a contrarre, del disciplinare, del capitolato e dell’Allegato E del disciplinare, nella parte in cui oneravano i concorrenti della presentazione di una dichiarazione non dovuta, sanzionando con la decadenza dell’aggiudicazione il mancato versamento del corrispettivo in favore di Asmel,. Infatti, la qualificazione in termini di nullità delle clausole in esame comporta la loro inefficacia parziale e ab origine, con la conseguenza che le stesse possono essere disapplicate direttamente dalla stazione appaltante senza necessità di attendere l’eventuale annullamento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350).