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Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 giugno 2020, n. 4092: Fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della l. n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio e dunque il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.” ( cfr. IV Sez. n. 3625 del 2020 nonché IV Sez. n. 8919 del 2019). In tal senso del resto depone la normativa applicabile ( art. 16 TU edilizia n. 380 del 2001) secondo cui “ Salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo.”. In sostanza – salve le ipotesi di esenzione dal contributo indicate appunto al successivo art. 17 comma 3 – il contributo è sempre dovuto secondo quanto indicato nelle tabelle parametriche approvate dal comune, il quale può incentivare taluni tipi di intervento ma non può introdurre esenzioni non autorizzate a livello normativo. In termini piani, le ipotesi di esenzione (c.d. permesso gratuito) sono tassative in quanto speciali di talché l’esenzione non può essere configurata in casi (come quello in esame) non previsti dal TU edilizia art. 17 c. 3 e dalla legislazione regionale.