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Consiglio di Stato, sez. II, 7 febbraio 2020, n. 985: Un’unanime e del tutto consolidata giurisprudenza, a tutt’oggi applicata nei contesti non ancora normati per effetto delle disposizioni applicative della nuova disciplina di principio emergente dal surriportato art. 2-bis del t.u. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001, afferma che le surrichiamate previsioni di cui all’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici, essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza, quanto piuttosto l’igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose (cfr, ex plurimis, Cass. civ., Sez. II, 3 marzo 2008, n. 5741, e Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399), debbono considerarsi inderogabili da parte dei Comuni, i quali sono obbligati ad attenersi ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le medesime norme del d.m. n. 1444 del 1968 la propria efficacia dall’art. 41-quinquies, comma 8, della l. 17 agosto 1942, n. 1150 – aggiunto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e in tale parte non abrogato dal t.u. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 – le relative previsioni devono considerarsi dotate di un’efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi pertanto automaticamente sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3093; 8 maggio 2017, n. 2086; 29 febbraio 2016, n. 856; 12 giugno 2007, n. 3094, e, più recentemente ancora, Sez. VI, 2 ottobre 2018, n. 5656). Va anche soggiunto che secondo Cass. civ., Sez. II, 16 ottobre 2018, n. 25833 e la consonante giurisprudenza ivi richiamata, “in tema di distanza tra costruzioni il d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, comma 2, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica”, con la conseguenza che “l’adozione, da parte degli Enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la citata norma fa sorgere l’obbligo per il giudice di merito non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma proprio di applicare immediatamente la disposizione del menzionato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico, in sostituzione della norma illegittima che è stata disapplicata”.