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ANAC, Delibera 17 marzo 2020 (dep. 2 aprile 2020), n. 263 (PREC 18/20/S): L’Autorità ha già avuto modo, in passato, di chiarire che le concessioni aventi ad oggetto beni demaniali o beni del patrimonio indisponibile possono celare “una concessione di servizi quando il bene pubblico avente una vocazione naturale ad essere impiegato in favore della collettività per attività di interesse generale e avente una struttura e una destinazione idonee a generare flusso di cassa è affidato in gestione al concessionario sul quale e’ traslato il rischio operativo in quanto da tale gestione trae la propria remunerazione, a fronte del pagamento di un canone da versare al concedente stabilito in funzione della previsione del consolidamento dei guadagni nell’arco temporale di riferimento” (delibera ANAC n. 25 del 17 gennaio 2019 e giurisprudenza ivi citata). Ciò premesso, e considerato che la concessione d’uso appare strettamente collegata e funzionale all’obiettivo di potenziare l’azione del Comune in favore della collettività, si deduce che la componente dei servizi risulta prevalente e, che pertanto, in base al disposto dell’art. 169, co. 8 del d. lgs. 50/2016, il regime giuridico da applicare sia quello del codice dei contratti pubblici di cui al citato decreto legislativo, tenuto conto che le diverse parti della concessione non sono oggettivamente separabili. (..) L’affidamento di una concessione, se da un lato, non soggiace all’analitica disciplina prevista per i contratti di appalto, il che implica che non tutte le disposizioni citate dall’istante sono applicabili al caso di specie, dall’altro è comunque soggetto al rispetto di alcune disposizioni, in primis dei principi di cui all’art. 30: libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità (art. 173, co. 1). Elemento propedeutico al rispetto di tali principi è la ragionevole stima del valore della concessione (art. 167), determinante sia per identificare le corrette modalità di pubblicazione volte ad annunciare il bando al maggior numero di potenziali concorrenti, sia per fornire un’informazione adeguata e trasparente al mercato, onde consentire condizioni di parità e un’effettiva concorrenza nella formulazione delle offerte, adeguatamente informate, da parte degli operatori, fungendo anche da parametro per valutare l’adeguatezza e l’affidabilità di queste ultime. La giurisprudenza conferma inoltre che, ove l’amministrazione sia impossibilitata a determinare un valore definito, deve comunque cercare di fornire quegli «elementi analitici a sua conoscenza che possano consentire ai concorrenti di formulare un’offerta seria» (CdS sez. III, 5 dicembre 2019, n. 8340).